Città vuota: la voce eterna di Mina che canta la solitudine dell’anima

“Città vuota” di Mina, uscita nel 1965, è un capolavoro di malinconia e sentimento che continua ad attraversare i cuori e il tempo.

A cura di Paolo Privitera
10 luglio 2025 06:05
Città vuota: la voce eterna di Mina che canta la solitudine dell’anima -
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1965: l’anno in cui la malinconia prese voce

Era il 1965 quando in radio cominciò a risuonare una canzone diversa dalle altre. Non era solo melodia, non era solo voce: era emozione pura.
Con “Città vuota”, Mina consegnava agli italiani un brano che avrebbe lasciato un segno profondo nella storia della musica.

In un’Italia in fermento, ancora divisa tra modernità e tradizione, quella canzone rappresentava la solitudine urbana e interiore.
Le strade, le piazze, le luci della città: tutto sembrava parlare di assenza.
E la voce di Mina, potente e dolcissima insieme, dava voce a quel vuoto che tutti, prima o poi, hanno provato.

Un adattamento che diventò capolavoro

“Città vuota” è in realtà la versione italiana di “It's a Lonely Town” di Gene McDaniels. Ma non si tratta di una semplice traduzione. Il testo fu riscritto da Doc Pomus e Mort Shuman per l’Italia, e interpretato da Mina con una profondità che trasformò il brano in un capolavoro autonomo.

Ogni parola pronunciata da Mina sembra carica di significato, di esperienza, di verità. Non è un’interpretazione, è un vissuto.
E il pubblico lo percepì immediatamente, rendendo la canzone un enorme successo discografico e radiofonico.

Una voce che riempie il vuoto

Mina, all’apice della sua carriera, era già considerata una delle voci più straordinarie d’Europa. Ma con “Città vuota” fece qualcosa in più: riuscì a trasformare il dolore in arte, il vuoto in poesia.

"Questa città è troppo vuota
 senza te..."

Poche parole, ma dette come solo lei sapeva fare: con intensità e naturalezza, con quella capacità tutta sua di farci credere che stia cantando proprio la nostra storia.

L’ambientazione: le città come specchio dell’anima

L’immagine evocata dalla canzone è potente: una città piena di luci ma vuota di significato.
Un luogo che normalmente brulica di vita, ma che, nella narrazione di Mina, diventa spazio del dolore, dell’assenza, del ricordo.

È un tema universale, eppure raccontato con una delicatezza tutta italiana:

  • la città come simbolo di una solitudine moderna,
  • il cuore come eco dei passi nel vuoto.

Un classico che attraversa il tempo

Sono passati quasi 60 anni, ma “Città vuota” è ancora oggi una delle canzoni italiane più amate.
Continua a essere trasmessa in radio, inserita nelle playlist nostalgiche, riproposta in film e serie TV.

Molti artisti hanno provato a reinterpretarla, ma nessuno è mai riuscito a replicare l’intensità di Mina. La sua voce resta la colonna sonora originale di quel sentimento difficile da spiegare, ma familiare a tutti.

Quando la musica diventa memoria

Chi ha vissuto quegli anni spesso racconta di aver ascoltato “Città vuota”

  • in un pomeriggio piovoso,
  • durante una passeggiata solitaria,
  • o in una serata d’estate davanti alla radio.

È una canzone che si lega ai ricordi personali, che torna alla mente nei momenti di malinconia, quando il mondo sembra troppo grande e troppo vuoto allo stesso tempo.

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