1966: l'anno in cui Firenze affondò nel fango e il mondo accorse a salvarla
Nel 1966, un’inondazione devastò Firenze, mettendo a rischio il suo inestimabile patrimonio artistico. Scopri la storia degli “angeli del fango” e del salvataggio che commosse il mondo.

Era il 4 novembre 1966 quando Firenze visse uno dei giorni più drammatici della sua storia. Dopo giorni di piogge torrenziali, l’Arno ruppe gli argini e in poche ore l’acqua e il fango invasero il centro storico, sommergendo strade, chiese e musei. L’immagine di una città d’arte soffocata dall’alluvione fece il giro del mondo, lasciando tutti senza fiato.
Un patrimonio artistico in pericolo
L’alluvione non fu solo una catastrofe naturale, ma una vera emergenza culturale. Migliaia di opere d’arte, libri antichi e manoscritti vennero sommersi dal fango, rischiando di andare perduti per sempre. La situazione era disperata: gli Uffizi, la Biblioteca Nazionale e Santa Croce furono tra i luoghi più colpiti.
Gli “angeli del fango”: la mobilitazione che cambiò tutto
Di fronte alla tragedia, avvenne qualcosa di straordinario: migliaia di giovani volontari arrivarono da ogni parte del mondo per salvare Firenze. Soprannominati “gli angeli del fango”, si misero all’opera per ripulire strade, musei e archivi, lavorando senza sosta con secchi, pale e mani nude. Fu un gesto di amore e solidarietà che entrò nella storia.
Firenze rinasce dalle sue ceneri
Grazie allo sforzo immenso di questi volontari e degli esperti di restauro, molte opere d’arte furono recuperate e restaurate. La città si rialzò, più forte di prima, e l’alluvione del 1966 divenne il simbolo della fragilità, ma anche della resistenza di Firenze.
Una curiosità che forse non conosci
Sapevi che una delle opere più danneggiate fu il celebre Crocifisso di Cimabue, custodito nella Basilica di Santa Croce? L’acqua lo sommerse completamente, causando danni irreparabili. Dopo anni di restauri, l’opera fu riportata alla luce, ma ancora oggi porta i segni di quella tragedia, un monito di quanto sia prezioso e vulnerabile il nostro patrimonio artistico.