La prima che incontro: il romanticismo ingenuo che non torna più
“La prima che incontro” di Fabrizio Ferretti (1964): una canzone che profuma d’innocenza, nostalgia e primi amori che non si dimenticano.


Quando bastava una melodia per innamorarsi
C’erano anni in cui l’amore aveva un suono preciso, e quel suono era la voce dolce e sincera di Fabrizio Ferretti che nel 1964 cantava “La prima che incontro”.
Un brano che parlava di sentimenti puri, di sguardi improvvisi e di emozioni che nascevano per caso, nelle piazze, nei bar o durante una passeggiata domenicale.
Non servivano grandi parole: bastavano poche note per raccontare l’incanto di un incontro, quello che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha vissuto davvero.
L’Italia che sognava con la musica
Nel pieno degli anni Sessanta, l’Italia stava cambiando: il boom economico portava televisori, automobili e nuove speranze. Ma in mezzo a tutto quel fermento, la musica restava l’anima del Paese.
“La prima che incontro” risuonava nelle radio, nei juke-box dei bar, nelle feste di paese e nei cuori di chi viveva l’adolescenza con i sogni ancora intatti.
Era un tempo in cui la musica non era solo intrattenimento, ma un linguaggio universale di emozioni. Le canzoni d’amore erano semplici, dirette, eppure capaci di restare scolpite nella memoria collettiva.
Una voce che raccontava l’innocenza
Fabrizio Ferretti non aveva bisogno di effetti o grandi orchestrazioni: la sua voce bastava. Una voce che trasmetteva tenerezza e autenticità, la stessa che faceva sognare chi ascoltava la radio la sera, con la finestra aperta e il vento che portava profumo di gelsomino.
“La prima che incontro” era la colonna sonora dei primi battiti del cuore, di quell’amore ingenuo che faceva tremare le mani e rubare un sorriso.
Riascoltarla oggi è come tornare in un tempo sospeso, quando tutto sembrava possibile e l’amore aveva il volto di una ragazza incontrata per caso, per strada, una domenica d’estate.
Il ricordo che non sbiadisce
A distanza di sessant’anni, “La prima che incontro” non è solo una canzone: è un frammento di vita italiana, un ricordo che unisce generazioni.
Chi l’ha vissuta la sente ancora come parte di sé, chi la scopre oggi percepisce subito quella sincerità perduta nella musica moderna.
È la magia di quei brani che non cercavano il successo, ma l’emozione. Brani che parlavano al cuore senza filtri, capaci di evocare immagini, profumi e momenti che il tempo non può cancellare.