Un albero di trenta piani: quando Adriano Celentano metteva in musica la coscienza ecologica

Nel 1972 Adriano Celentano lanciava un grido d’allarme in musica con “Un albero di trenta piani”: attuale, ironico, profetico.

A cura di Paolo Privitera
01 luglio 2025 06:00
Un albero di trenta piani: quando Adriano Celentano metteva in musica la coscienza ecologica -
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La voce fuori dal coro: Adriano Celentano negli anni '70

Nel panorama musicale italiano degli anni '70, Adriano Celentano non era solo un cantante. Era un comunicatore visionario, un artista capace di alternare leggerezza e denuncia sociale, di parlare al cuore delle persone senza mai perdere ironia e originalità.

Con il suo stile unico, mescolava rock, swing, pop e riflessione sociale. E nel 1972, mentre l’Italia correva verso la modernizzazione e l’urbanizzazione selvaggia, Celentano si fermava. Si guardava intorno. E metteva tutto in musica. Il risultato? Una delle sue canzoni più sorprendenti e attuali: “Un albero di trenta piani”.

“Un albero di trenta piani”: il progresso che cancella la natura

Il titolo stesso è una provocazione poetica. Un “albero di trenta piani” non è altro che un grattacielo. Ma chiamarlo così è un modo per sottolineare l’assurdità di una modernità che costruisce verso l’alto dimenticando le radici.

Il brano racconta con sarcasmo il paradosso dell’essere umano che, pur dichiarandosi civilizzato, distrugge ciò che lo ha creato: la natura, gli alberi, la terra. La canzone è una critica all’urbanizzazione incontrollata, ai palazzi che si innalzano dove prima c’erano boschi e campi, al cemento che soffoca l’anima verde del mondo.

Un brano in anticipo sui tempi

Nel 1972, parlare di ambiente, consumo del suolo, sostenibilità non era certo comune. Celentano lo faceva con la forza delle immagini e il ritmo delle parole.

"E pensare che c’era il grano, e pensare che c’era il sole, e pensare che c’era un albero, adesso c’è un albero di trenta piani."

In una manciata di versi, Celentano dipingeva un’Italia che stava dimenticando se stessa, travolta da una modernità che sembrava invincibile. Ma sotto sotto, c’era già la nostalgia per ciò che si stava perdendo.

Tra satira e denuncia: lo stile celentanesco

Celentano non urlava. Non si metteva in cattedra. Il suo era un linguaggio popolare ma mai banale. Le sue canzoni facevano ballare, ma anche riflettere.
“Un albero di trenta piani” è un perfetto esempio del suo linguaggio bifronte: da un lato la canzone orecchiabile, dall’altro il messaggio profondo.

In questo brano c’è tutto il suo stile: ritmo accattivante, testo ironico, critica sottile ma netta. Non imponeva una morale, ma lasciava allo spettatore l’onere (e l’onore) di capire.

Il contesto storico: un’Italia che cambiava volto

I primi anni ’70 in Italia sono un periodo di grande trasformazione. Boom edilizio, espansione delle periferie, arrivo della TV a colori, della plastica, delle automobili a ogni angolo.

La campagna si svuota, la città si espande. Il paesaggio cambia.
 In questo contesto, “Un albero di trenta piani” arriva come un grido nel rumore, un invito a non dimenticare la bellezza perduta.

Celentano, in fondo, non era contro il progresso. Ma era contro l’idea che progresso significhi solo costruire e consumare.

Attualità del brano: una canzone ecologista ante litteram

Riascoltata oggi, “Un albero di trenta piani” suona come una profetica denuncia ambientale. In un’epoca di crisi climatica, cementificazione e degrado ambientale, il messaggio del 1972 è più forte che mai.

Non è un caso che il brano sia tornato in auge tra le nuove generazioni, condiviso nei social, utilizzato in documentari e citato nei dibattiti sulla sostenibilità.
 Celentano aveva visto tutto con cinquant’anni di anticipo.

Il potere delle parole semplici

La grande forza di Celentano in questo brano sta nella semplicità. Non servono tecnicismi per far passare un concetto forte. Basta dire:

“E pensare che c’era un albero…”

E subito la mente si riempie di immagini: prati, vento, giochi da bambini, silenzio. E poi… rumore, cemento, aria grigia. È un colpo di genio: bastano poche parole per raccontare la perdita di un mondo intero.

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